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Note Biografiche

Bordighera, ore 5,45, il rapido per Milano parte alle 6,00, faccio in tempo a prendere un caffè al bar del centro vicino alla stazione che fa angolo con l'Aurelia, strada che porta a Monte Carlo se percorsa verso Francia. Con la testa piena di pensieri rivolti alla trasmissione "Settevoci" di Pippo Baudo, che quel giorno con il mio brano "Il fuoco è spento" mi prestavo ad andare a registrare, nell'entrare all'interno di quel bar, proprio sulla soglia m'imbatto letteralmente in Mina che, al contrario di me, stava uscendo per incamminarsi come vidi subito dopo, verso un edicola posta nei pressi per acquistare alcune riviste. Bellissima, con quel portamento da Lady e solarità gioviale in viso, tanto da lasciar interdetto il mattino con il suo sorgere del sole. Mio Dio, mi dissi; ma è ancora più bella che in televisione! Sulla soglia di quel bar del centro, accortasi del mio sia pur contenuto momentaneo imbarazzo, mi rivolse uno sguardo di simpatia e io continuando a non credere ai miei occhi, la osservai salire su di un auto che di li a breve vidi partire in direzione Monte Carlo. Per quanto l'imponderabile non possa costituire prova alcuna di ciò che soltanto l'immaginazione tenta di costituire, avvezzo a tutto ciò che ho sempre considerato come segni del destino, mi sentii certo che quella non fosse una semplice casualità e, con tale stato d'animo, esegeta silenzioso d'immagini e commenti incenso meditativo in stanze-distanze dell'avvenire, m'incamminai verso la stazione per prendere quel treno importante della mia carriera... Sotto l'effetto del ritmico e incessante rollio delle carrozze sui binari del mio treno diretto a Milano, nella calma serafica di quei certi particolari momenti che proprio il treno nei miei continui spostamenti da sempre mi procurava, la mia mente percorreva a ritroso, le prime fondamentali tappe della mia carriera di compositore, aggiungendone via via di nuove, sostenuto nel frattempo dall'esperienza di quel giorno che l'incontro di Mina mi aveva procurato. Evidente segno per me - già allora studioso della Sacra Scienza e ricercatore indomito - di cui tenere conto per l'avvenire. Ma per giungere a tanto dovevo lavorare e darmi ancora molto da fare. Una dura gavetta quella mia, iniziata all'età di 17 anni, quando composi il mio primissimo brano dal titolo "Ora", che la Band "The Kites" - gruppo beat di Ventimiglia che si rese popolare al primo festival di Rapallo-Davoli 1966 da dove uscirono anche i New Trolls, risultando tra i migliori di quell'evento - incise per la RCA.

Dopo quella primissima tappa della mia attività di compositore conclusasi con soddisfazione, molte difficoltà ostacolarono il mio tentativo di trovare una stabile collocazione in una seria casa discografica. Tra queste va aggiunta anche l'amarezza provata nel non veder accettate canzoni che io ritenevo rivoluzionarie come la mia "Parlo e penso"; immaginifica canzone nella quale si poteva ascoltare il canto di un interprete che pensava e contemporaneamente in controcanto parlava... alla propria ragazza. Canzone provino che allora io inviai in forma "acetato" ad un importante casa discografica senza ottenerne risposta e che rappresentò per me uno smacco e ferita con fatica in seguito rimarginata....

Nel 1968, insieme al mio gruppo rock "I Kidnappers", pagandomi personalmente lo studio di registrazione, realizzai e pubblicai come cantautore con l'etichetta discografica "Ellery", il mio primo disco 45 giri dal titolo "E se un angelo" e, partecipando con quella medesima canzone al Festival degli sconosciuti di Ariccia organizzato da Teddy Reno marito e scopritore di Rita Pavone, approdai così alla casa discografica Ariston che nel proprio elenco di artisti vantava: Ornella Vanoni, Mino Reitano, Julio Iglesias, Equipe 84. E Fu con la casa discografica Ariston, sotto etichetta "Victory", che nel 1969 giorno dell'incontro casuale avvenuto con Mina nella città delle palme Bordighera, debuttai per la prima volta in televisione con il brano “Il fuoco è spento" nella trasmissione televisiva "Settevoci" presentata da Pippo Baudo...

Iniziava così per me, un difficile e duro confronto con la mia prima casa discografica che, essendo per principio una casa editoriale, tentava in tutti i modi di dissuadermi dal cantare, per poter così editare i miei brani con artisti famosi del momento. Per tale ragione, non furono anni facili per me, poiché qualsiasi mia iniziativa di progettare una mia uscita come cantautore, veniva puntualmente mortificata e nella completa e complessa struttura dell'Ariston ove al proprio interno vi erano due alloggi per poter pernottare come in effetti per molto tempo io vi pernottai, fu in quelle condizioni che nel frattempo la mia casa discografica pubblicò giusto per rispettare la forma contrattuale, canzoni che io avevo registrato ma solo come pronto ascolto da sottoporre ad altri artisti. Tra queste: "Per 70 lire", scritta per Orietta Berti ma che invece mi ritrovai non so come e non so perché, incisa su disco 45 giri cantata da me che intanto facevo buon viso a cattivo gioco; "Muore il giorno ma l'amore no" cantata da Paolo Mengoli; "Farei anche il meccanico” da Piero Focaccia; “La grande risposta" dalla Giovanna ancora oggi in ristampa e vendita, canzone mistica con la quale manifestavo il mio stato d'animo di artista e ricercatore indomito. Insomma, per me quelli furono gli anni più difficili della mia attività di musicista e infatti, preso dallo sconforto, mi isolai completamente per un certo tempo ritirandomi nella mia casa in terra di Liguria che, per ironia della sorte, si trovava nelle immediate vicinanze di Sanremo che anno dopo anno con il suo "Festival della canzone" invadeva le strade della mia cittadina, oltreché la quiete del mio animo...

Non ci resta che il tempo d'impazzire insieme e poi... apriremo gli occhi e tu saprai, nel guardarmi, cosa resterà al momento della verità

"Non ci resta che il tempo d'impazzire insieme e poi..." non credevo alle mie orecchie, lo ricordo ancora come se fosse oggi, ero eccitatissimo e pieno di gioia per la bellezza che le note di quella melodia mi trasmettevano; nella stanza di casa mia, continuavo a cantarla alla mia ragazza di allora oggi mia moglie con le lacrime agli occhi, tanto sentivo che era bella. Poco più che ventenne, con entusiasmo e convinzione indicibili, realizzai un provino chitarra e voce di quel mio nuovo brano dal titolo "Il tempo d'impazzire" da consegnare al più presto all'editore che nel frattempo me ne faceva richiesta. Come avevo sperato e immaginato, pochi giorni dopo venni convocato nell'ufficio della Giusta Spotti, responsabile editoriale dell'Ariston – che in quel tempo si occupava di Ornella Vanoni e di tutto ciò che discograficamente la riguardava – per essere informato senza tanti giri di parole che, Ornella Vanoni era letteralmente impazzita per quel brano e che con quello aveva deciso di presentarsi per la finale della più famosa, prestigiosa trasmissione e gara canora dell'anno indetta dalla Rai, "Canzonissima 71". Un particolare non di poco conto, fu l'imbarazzante, ma allo stesso tempo premurosa precisazione, che la responsabile Giusta Spotti si fece carico di portare immediatamente a mia conoscenza contestualmente alla sua richiesta di autorizzazione perché il mio originale testo – dichiaratamente bello e che dava anche il titolo al brano stesso pur mantenendo insieme alla struttura gran parte del ritornello "non ci resta che il tempo d'impazzire insieme e poi" – nelle strofe potesse essere cambiato e meglio adattato alla sofisticata Ornella Vanoni.

Per questo adattamento fu chiamato in sede Giorgio Calabrese che fece di concerto con me quanto richiestogli dall'editore. Subito dopo questi fatti, conciliando gli impegni di Ornella Vanoni che in quei giorni avrebbe dovuto esibirsi proprio in un teatro di Genova, per fare meglio e prima, venne fissato lo studio di registrazione del mio produttore di allora, Roberto Lisa (dove con la collaborazione dei componenti del gruppo non ancora divenuto famoso dei "Matia Bazar" venivano registrati tutti i miei provini più importanti) e, con la mia cupè di colore bianco, io e il mio produttore Lisa, come da programma precedentemente fissato, andammo a prendere Ornella Vanoni alla stazione, sopraggiunta nel frattempo da Roma in treno dopo aver registrato il giorno prima alcuni passaggi televisivi in Rai. A quell'incontro ci andai sostenuto dalla convinzione che tutto ciò in realtà per come stava accadendo, non fosse altro che un sogno (avevo infatti sognato giorni prima quanto mi stava accadendo) e con emozione mi mantenevo ad una certa distanza dalla "Signora", fino quando in una pausa registrazione, accortasi del mio imbarazzo ed emozione, mi venne vicino e, prendendomi sotto braccio, mi condusse davanti al microfono di registrazione per una foto. Attraversai con una gioia indicibile questa mia prima vera esperienza di autore a fianco di Ornella Vanoni che intanto, presentatasi con "Il tempo d'impazzire" alla trasmissione più prestigiosa dell'epoca, come molti avevano pronosticato con quella mia canzone superò per la prima e unica volta la fase delle eliminazioni di quella difficilissima gara canora per entrare con merito nella rosa delle n. 6 prescelte da abbinare ai biglietti della lotteria di capodanno. E, in quel senso, mi sentii come possessore dell'analogo biglietto vincitore dell'analoga lotteria!

"Il tempo d'impazzire" ottenne un grande successo anche nella versione spagnola ed essendo Ornella Vanoni da quel momento attenta a tutto ciò che andavo componendo, mi riuscii ancora una volta di stupirla con la mia "Pazza d'amore", che come sempre avevo fatto sentire per la primissima volta alla mia ragazza oggi mia moglie che entusiasta mi incitò a farla subito ascoltare appunto a lei. Ad onor del vero, io poco più che ventenne, con la mia giovane età, avevo portato scompiglio in quell'ambiente di consolidati autori. E fu così che mi ritrovai ancora una volta nello studio di Genova per l'incisione del mio brano "Pazza d'amore", con Ornella Vanoni che in modo affabile e amorevole come lo si può essere nei confronti di un ragazzino, mi parlava tentando di spiegarmi che il testo di "Pazza d'amore" forse andava un po' rivisto e che per fare questo, insieme all'editore aveva fissato un appuntamento telefonico con Bruno Lauzi negli uffici dell'Ariston per sistemare la cosa... Con Ornella Vanoni in piedi al telefono e i minuti che parevano non scorrere mai, la vedevo annuire e mugolare di consenso fino a quando chiudendo la comunicazione, rivolgendosi a me mi disse: << Bruno Lauzi ha detto che quel testo avrebbe voluto scriverlo lui! >> e io di rimando: << e quindi? >> e lei: << e quindi il testo non si tocca e si fa così! >> avviandosi verso la stanza di registrazione per iniziare ad registrare il brano... Rimasi senza parole! Colmo di gratitudine per Bruno Lauzi che in quel momento avrei desiderato abbracciare tanto mi aveva lasciato pieno di stupore con quella sua schietta e incredibile forma di onestà indirizzata ad un ragazzino che neppure conosceva.

Attraversato quest'altra incredibile esperienza così ricca di emozioni, che Ornella Vanoni aveva saputo ancora una volta regalarmi, me ne tornai a casa pieno di speranza e convinzione, che quella dell'autore fosse realmente divenuta ormai la mia nuova e stabile attività artistica. Terminata la registrazione e quanto di analogo vi fosse per "Pazza d'amore", oltrechè far parte dell'album di successiva prossima pubblicazione, quel medesimo brano venne scelto per essere pubblicato anche come singolo 45 giri insieme a "Dettagli" di Roberto Carlos; brano quest'ultimo che era stato scelto e selezionato dal discografico per essere sigla della trasmissione radiofonica "Gran Varietà" presentata da Johnny Dorelli e dalla stessa Ornella Vanoni, ma che i responsabili della trasmissione Rai, scartarono immediatamente dopo aver ascoltato la mia "Pazza d'amore", che venne preferita alla straraccomandata "Dettagli" con sommo stupore degli stessi discografici. Eh si, non c'è che dire, era l'anno 1972 e con le mie canzoni continuavo a portare scompiglio!

Passarono un paio d'anni e Intanto l’Equipe 84 dopo aver registrato il mio brano “La prima volta" si preparava a presentarlo a "Un disco per l'estate", quando per assurdi conflitti discografici, su richiesta dell'Ariston, cambiando repentinamente programma, fu fatto interpretare da me per la stessa manifestazione. Con quel brano ottenni un discreto successo di consensi e pubblico, tanto da far ben sperare per il prosieguo della mia attività di cantautore, approdando così l'anno successivo al "Festivalbar", con la canzone da me interamente composta, interpretata, prodotta e arrangiata dal titolo "Un grido di gabbiani", che ancor più mi fece conoscere al grande pubblico. Sempre in quell'anno composi il brano, "La nostra buona educazione", che fortemente desideravo proporre alla grande Mina, ostacolato però in questo dal mio editore. E fu così che ebbe iniziò la controversia che mi portò a decidere di trovare ad ogni costo una soluzione per l'annullamento anticipato del mio contratto di esclusiva stipulato con l'Ariston. Le cose andarono nel seguente modo.

A non sapere dire a tempo: "Non ti amo più", e fare finta di volare quando si va giù...

Quando io chiesi di proporre "La nostra buona educazione" a Mina, la mia casa editoriale mostrò disappunto senza che io ne potessi comprendere la ragione; questo tira e molla durò per molti mesi, durante i quali mi venne nascosto e confidato in un secondo tempo viste le mie insistenze, che Mina non avrebbe mai accettato una coedizione con l'Ariston in quanto da ella non ben accetta. Se quella fu una scusa per dare anche quel brano ad Ornella Vanoni che intanto aveva dato il suo consenso ad inciderla, ancora oggi non saprei, ma di certo seppi constatandolo in seguito da me stesso attraverso il signor Buffoli direttore delle edizioni PDU di allora, che anche Mina avrebbe voluto incidere quel brano. A causa di questa frustrazione provata dal non poter con libertà proporre le mie canzoni alla Grande Mina, decisi con tutto il cuore e tutto me stesso che dall'Ariston me ne sarei andato via a qualunque costo e, terminata la mia tournée negli USA, al mio rientro, chiesi l'aiuto del grande amico Walter Chiari con il quale andammo all'Hotel Rosa di Milano, per annullare a tutti i costi il mio contratto di esclusiva stipulato precedentemente con l'Ariston, che dopo aver tentato invano di dissuadermi dal mio fermo proposito di andarmene via anticipatamente, mi fece una richiesta di 30mila dollari ridotti grazie all'intervento di Walter Chiari a 3.000, che io accettai tornando così finalmente libero. Alla somma di 3.000 dollari dovetti però aggiungere anche la cessione per tutto il mondo del brano di cui sopra "La nostra buona educazione", che nel frattempo dal mio ormai ex editore, veniva dato all'artista Julio Iglesias, che lo registrò in ben 5 differenti lingue, vendendo nel mondo circa 18 milioni di dischi (11 milioni di solo singolo in versione spagnola).

Felice così di poter andare finalmente libero dalla Grande Mina a proporre i brani che più mi stavano a cuore, con un padrino artistico di tutto punto come Mike Bongiorno, venni preso in adozione da Vittorio Salvetti che essendogli piaciuto l'anno prima con la mia canzone "Un grido di gabbiani", mi volle tra la rosa dei suoi partecipanti al "Festival di Sanremo 1978. Con il brano “Tu sola" fui in procinto di vincerlo con il voto popolare espresso attraverso i più importanti quotidiani come Il Corriere della sera, La Repubblica, La Stampa, che riportavano "Anselmo Genovese" primo assoluto con 9.500 voti, contro i 4.500 ottenuti dai Matia Bazar risultati secondi con quel punteggio. Fu in quell'occasione che maturò in me il desiderio di non esibirmi più e di proporre i mie migliori brani alla tanto agognata Mina. Ed avendo già scritto la musica di quello che io ritenevo essere uno dei miei migliori brani, per dare ancor più forza d'impatto alla mia canzone, (collegato a quel brano avevo fatto il sogno di una donna senza testa) contattai Alberto Testa che già conoscevo, con l'intento di venirne a capo (fortuito gioco di parole). E fu in quel modo che la matassa si dipanò. Ovverosia, dal momento che Testa, avendo fatto di getto in un paio di giorni il testo così come oggi conosciuto, grazie anche alle mie indicazioni, in un eccesso di zelo mi disse, parole sue: << ma no Anselmo ma che centro io con questo brano per doverlo firmare in toto, è un brano tuo e non mi sento di firmarlo anche se ho contribuito a terminarne il testo così come tu volevi che fosse >>, ma io non ne volli sapere e vista la mia insistenza Alberto Testa in tutta calma mi rispose: << va bene, allora visto che insisti facciamo così, lo firma mia moglie, che tra l'altro mi ha anche aiutato. >> trovammo così l'accordo auspicato e fu in quel modo che nel testo del mio brano "Anche un uomo", con il nome di Tosi, subentrò, o meglio, comparì, una donna (Tosi la moglie di Alberto) senza Testa!

Anche un uomo può sempre avere un’anima, ma non credere che l’userà per capire te

Ottenuto il completamento del testo, realizzai la registrazione di quello che ero convinto sarebbe divenuto un successo, ma solo se lo avesse cantato la grande Mina. E fu per questo che ne feci una registrazione ad hoc (volevo fare bella figura) e quando l'editore mi confermò che Mina l'avrebbe fatta, io con il disco già pronto così come da contratto stipulato con l'editore/discografico, rinunciai ad andare in promozione in televisione con quel brano, sostituendolo con l'altro mio brano, "Sul mio cuscino".

"Anche un uomo" come da un sogno molti anni prima fatto, era un brano predestinato, segnato da quel mio incontro con la Grande Mina avvenuto sulla soglia di quel bar del centro nei pressi della stazione di Bordighera. Segnato da quell'evento, dopo quel giorno, vissi come nell'attesa di riuscire un giorno a fargli ascoltare finalmente un mio brano. Di "Anche un uomo" ascoltato dall'incredibile voce della grande Mina, anche Mike Bongiorno, con il quale in quel periodo mi trovavo in tour, se ne innamorò; tanto da volerla a tutti i costi come sigla della trasmissione "Lascia o raddoppia" realizzata per i 25 anni della RAI.

Per ragioni che sarebbe qui troppo lungo spiegare, maturò in me il desiderio di ritirarmi dalle scene come cantautore per meglio esprimere la mia arte di libero compositore e fu così che decidendo di smettere di esibirmi in pubblico, per l'insopportabile sentimento che ormai provavo nei riguardi di discografici e addetti ai lavori così mediocremente arroccati su posizioni troppo distanti dal mio modo di concepire la musica, feci la cosa più intelligente del mondo. Provando quel trasporto che ogni autore prova per la Grande Mina, considerato che lei mi aveva già fatto il grande regalo di interpretare "Anche un uomo", proposi e trasmisi con oculatezza e intelligenza una dopo l'altra, tutte le mie più belle canzoni di un album già pronto per essere pubblicato, mandando a farsi benedire il discografico mio editore di allora. Le canzoni anno dopo anno proposte a Mina nell'ordine sono: Anche un uomo, "Il cigno dell'amore", "Senza fiato", "Un'aquila nel cuore", "Momento magico" "Senza umanità"


Da quell'elenco di validissime canzoni raccolte per il mio album, dietro insistenza dell'amico regista Enzo Trapani, – che conobbi a New York durante le riprese dei molti filmati realizzati per la nota trasmissione televisiva presentata da Beppe Grillo "Ta la do io l'America" e che mi volle a tutti i costi nella sua trasmissione, – registrai solo per quell'occasione il brano "Mia cara Brooklyn" già edito Curci/Carosello, che approfittando di quell'evento quale editore volle pubblicarlo, nonostante a me ormai non importasse più nulla di tutto ciò e, a quel brano ne fece subito dopo seguito un altro dal titolo "E' facile, inserito insieme a quello di Vasco Rossi, Loredana Bertè, Toto Cutugno e altri, in una compilation della K-tel dal titolo "Raccomandato".


Continuando nel frattempo a comporre canzoni, che la mia natura di musicista mi ispirava a fare, nel 1987 i componenti della Band "I Future", subito dopo aver vinto l'edizione del Festival di Sanremo nella categoria giovani, sentito per caso il mio brano "Fiore di loto", essendosene invaghiti (come già era successo a molti altri artisti), mi chiesero entusiasti il consenso a realizzarlo per il loro successivo disco che sarebbe uscito di li a breve, contestualmente come album e come singolo 45 giri.

Immerso nei miei studi ermetici per i quali avevo nel frattempo abbandonato del tutto il mondo dello spettacolo, In quel periodo di profonda concentrazione meditativa, ebbi il forte impulso extrasensoriale di pubblicare infine, quello che risulterà essere il mio ultimo disco come cantautore; la canzone è un inno alla creazione e alla vita, dal titolo: Anno 2000".

Gli anni che seguirono non furono anni di incomprensibile silenzio dovuti alla mortificazione dell'animo di un artista. Con tutte le offerte, proposte e incarichi ricevuti nel frattempo tra i quali le Pubbliche relazioni per l'Italia dell'Attore Steven Seagal, ne erano la riprova. Quello che seguì fu un periodo di profonda concentrazione e silenzio meditativo da me fortemente voluto. Poiché sogni reali e precisi (Dio parla attraverso i sogni), m'indicavano l'indirizzo particolare che dovevo dare alla mia vita. Tra questi vi era quello più importante e significativo della nascita di mio figlio Manuel, del quale mi sarei dovuto occupare così come sempre nel sogno mi veniva indicato. Figlio ch'io vidi molto prima della sua nascita e che causò il radicale cambiamento della mia vita, spostando completamente l'asse dei miei desideri primari.

Rararirariraira rattarirarà, Rararirariraira rattarira, Rararirariraira rattarirarà, Rararirariraira rattarira...

Fu così, dopo la sua nascita, che innamorato pazzo di lui mi dedicai anima e corpo alla sua crescita, prima fisica e poi culturale. Manuel assorbiva come una spugna tutto ciò che gli si parava davanti sotto qualsiasi forma, manifestando fin da subito una forte personalità e spiccato senso dello studio, stupendomi giorno dopo giorno col suo apprendere così velocemente le cose, fino a ricevere da quella innocente sua bocca della verità persino rassicuranti considerazioni a me rivolte, pareva quasi che profetizzasse certe giornate del padre, in ansia per il suo avvenire.

Fu così, che durante la sua crescita, senza mai forzarlo in nulla e lasciandolo anzi libero di scegliere e di fare ciò che in cuor suo sentiva, presi coscienza della sua forte spinta attitudinale verso lo studio e la musica come compositore. All'età di otto anni, molto presto quindi, gli procurai un pianoforte elettrico ed un computer, che egli sostituì a qualsiasi altro interesse dedicando ad essi ogni momento libero delle sue giornate, che per la maggior parte passava studiando (fino alla laurea oggi ottenuta di ingegnere informatico) e componendo. Oggi, come padre, non sono affatto pentito della frustrazione che come maestro di vita e di musica so di avergli fatto subire. Infatti, quanti entusiasmi specialmente in musica ho smorzato in lui sia pure facendo attenzione a non uccidere il suo talento. La musica per me è arte e per quanto risulti essere la pia illusione di come tutti possano realizzarla senza una vera e propria disciplina, essa è e rimane sacra! Da una prima fase d'ispirazione compendio di emozioni che si aggrappano con trasporto allo strumento con cui ci si accompagna, si passa a quella successiva, costituita di ragionamento, professionalità, esperienza e virtuosismi vari utilizzati con armonia per la definizione commerciale dell'opera. Insomma, per farla breve, la disciplina tesa al perfezionismo in musica per me, è sempre stata essenziale e questo desideravo che Manuel acquisisse. E così è stato. Io e Manuel, oggi, siamo diventati una coppia di musicisti così affiatati da esserci uniformati ormai in tutto e per tutto, ritrovandoci ad utilizzare per ogni intervento correttivo rivolto alla nostra musica, lo stesso metro di giudizio scambiandoci reciprocamente i lavori e le idee durante l'anno prodotte, ci ritroviamo infine in studio, per la realizzazione finale dell'opera. E' In questa continua disputa tra idee, consultazioni e rifacimenti di brani fino al giorno prima ritenuti validi, che un bel giorno di qualche anno fa è nato "Rattarira". Rattarira è il verso quasi onomatopeico ripetuto fino all'ossessione durante i tentativi fatti per capire io e Manuel a quale tipo di testo associarlo e con quale arrangiamento realizzarlo. Passati così in quell'acume alcuni anni di prendi e lascia, nel tentativo sempre andato a vuoto di realizzare un arrangiamento e un testo che contenesse il senso logico di una storia con fonetica perfettamente aderente alla melodia, io e Manuel realizzammo infine la versione disco di Rattarira così come nel provino presentato a Mina... Mina; che fiuto, che orecchio, che voce, che personalità, che sensibilità d'altri tempi, che generosità d'autore! Una notte di molti anni fa in sogno, un'entità guida rivolgendosi a me indirizzato in quel momento a far ascoltare le mie nuove canzoni inedite, mi disse con divina pacatezza: << lascia stare gli altri, le tue canzoni dalle solo a lei, a Mina! >>.

Anselmo Genovese

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